Caldo 106-365

Caldo, caldo, caldo. Come fanno le piante a resistere? Noi animali abbiamo le gambe, possiamo cercar riparo. Le piante no, al sole e all’afa senza scampo. Questo cespuglio sembra morto ma non lo è: attende il suo momento per rinverdire.

Il primo giorno della mia seconda volta -17 –

Nella mia pluriennale pratica di “fotografatore” di alberi mi sono spesso concentrato sul rapporto figura-sfondo adottando tecniche che di volta in volta favorissero la visualizzazione di alcune parti rispetto ad altre una volta evidenziando la struttura portante, altre volte la vaporosità della superficie fogliare. In questo caso il gioco della rappresentazione tenta di isolare l’albero (un piccolo pittosporo) dal contesto cittadino tramite sovrapposizione di una ventina di immagini scattate spostandosi circolarmente attorno alla pianta. Il risultato finale potrebbe rifarsi ad un certo pittoricismo che non mi dispiace.

Habitat

Chi sono stati i progenitori della specie homo, i più antichi intendo, ancor prima del periodo cacciatore – raccoglitore? Branchi di scimmie ciarliere (me le immagino perfettamente a richiamarsi e ad inseguirsi) dovevano popolare le foreste vivendo le fronde degli alberi e mangiandone i frutti. Da questa suggestione parte una ricerca fotografica e da una personale predisposizione a sentire “vicini” gli alberi come “compagni” di vita sul pianeta Terra. Una suggestione che spinge a tentare di indovinare una visione primordiale dell’ambiente che doveva ospitare quelle popolazioni e una interpretazione, per così dire “in soggettiva”, del campo visivo di individui il cui orizzonte è interamente e solamente costituito dall’intrico dei rami e delle foglie. Il tipo di immagine suggerisce una possibile funzionalità dell’antico occhio di focalizzare l’attenzione solo su determinati elementi lasciando al di fuori della soglia di intellegibilità quella moltitudine di altri che altrimenti costituirebbero solo una distrazione o un ingolfamento cognitivo: lo sguardo va dove la necessità del momento lo conduce e si focalizza su alcuni elementi chiave che sono quelli importanti a determinare l’azione. Si assiste qui, tra l’altro, al ribaltamento del concetto di barriera: se, oggi, per noi una selva intricata costituisce un ostacolo, per le scimmie ciarliere doveva, al contrario, rappresentare la migliore opportunità di spostamento. L’atmosfera non è surreale ma semmai apocalitticamente carezzevole nel tentativo di sottolineare la persistenza di quelle contraddizioni che nelle società evolute vengono chiamate “ferocia” (brutalità, efferatezza, spietatezza) ma che in natura sono da sempre la regola.

Alla luce di queste immagini Il nostro più disinteressato amore per il verde diventa strumento per capire se almeno qualcosa di quel mondo e quella situazione stia ancora vivendo in noi.

Immagini aggiornate al 3 aprile 2015

Vagando in una luminosa notte

E’ il titolo della mostra appena inaugurata presso RizzutoArte. Esperienza davvero soddisfacente e coinvolgente. Riporto qui la presentazione a cura di Gianna Di Piazza

 

Un cammino infinitamente ramificato 

Si scopre un titolo e si comincia ad entrare nella verità delle immagini, in quei frammenti di verità che sono ipotesi di conoscenza, di memoria, di possibilità, di cambiamento.
“Vagando in una luminosa notte” è il titolo pensato da Carlo Columba per questo suo primo confronto pubblico da fotografo. Una frase che mi fa scivolare dentro universi privati, rincorrendo interrogativi e rendendo la mia sicurezza analitica disponibile agli equivoci.
Il ciclo di foto è molto compatto: alberi e paesaggi privi di qualsiasi presenza o traccia umana.
Lavori intimi, resi ancora più intimi dall’impulso di carezzarne la superficie, non solo per il piacere tattile di scoprire la sensualità della loro pelle ma per una strana energia che ti prende mentre le osservi e che ti fa entrare in simbiosi immediata con la silenziosa tranquillità del paesaggio.
“L’albero è l’incarnazione perfetta dello stato meditativo: rivolto verso il cielo, sempre grato alla luce. Le sue energie scorrono in simbiosi col cosmo. L’albero per me è un Buddha vegetale” mi confida Carlo.
Medita sotto un albero il principe Siddharta, non ancora Buddha, quando raggiunge lo stato dell’Illuminazione. Difende la propria autonomia il Barone Rampante quando sceglie di vivere sugli alberi. Con incontrollato automatismo flash artistici attraversano la mia mente. Il sintetismo di Gauguin li solidifica blu. Van Gogh gli trasferisce bruciante passione. Mondrian ne ricava una struttura universale. Penone li scava. Beuys li pianta. Orozco ne fa diagrammi molecolari evolutivi… Alberi famosi, idolatrati, territori d’investigazioni e di scoperte, luoghi in cui l’esistenza incontra l’essenza.
“L’albero è qualcosa che somiglia all’essenza della storia” conferma Carlo “è muto testimone degli eventi che accadono intorno”. L’immagine dell’albero si fa fondamento di un contesto e della sua storia. Le foto partono dalla realtà, indagano l’essenza, mirano a rendere l’invisibile. Processo chiaro, esplicito. La relazione con la natura porta l’interesse verso la restituzione di un paesaggio antropogeografico, prolungando il reale al di là delle apparenze figurali. Alberi e paesaggi siciliani, immessi in una temporalità plurale, minano la verità dell’immagine spingendola verso un’idea mutante di struttura. La manipolazione digitale ne agevola il processo.
Adesso è la struttura luminescente ad apparire in tutta la sua forza architettonica, in un alternarsi di semplificazione e complessità, fluidità e solidità, trasparenza e sovrapposizione. Un progetto strutturale che dà autonomia alla costituzione della forma, consentendo l’affiorare e lo stratificarsi dei piani. Sono ombre, luci, pieni, vuoti, a creare l’aspetto strutturante delle immagini.
Il respiro temporale, e la restituzione sensoriale della vibrazione emotiva, a renderle vive.
Un cammino infinitamente ramificato disegna così la sua strategia della profondità.

Alberi

Albero, alberi, tronco, linfa, ramo, radice, foglia, corteccia, picciolo, resina, legno. Un vocabolario, dal tecnico al poetico, da sempre frequentato dai linguaggi più disparati: l’albero motore, la foglia d’oro zecchino o, più prosaicamente, il foglio di alluminio per i cibi, il ramo di un impianto, il tronco autostradale, la corteccia cerebrale, che ne evidenzia la presenza, la sua essenza prima, dentro di ognuno di noi, tanto da farsi significato e significante. Il barone rampante decide di non discenderne più. Quanto a me, fotografarli è un qualcosa che è venuto da sè, senza quel particolare momento della decisione di farlo. E continua a venire, mi rendo conto, riguardando gli scatti degli ultimi anni. Ne ho raccolto qui una piccola selezione, per lo più limitata ad alberi singoli, a singole individualità arboree. L’ambiente, non potrebbe essere altrimenti, è qua e là presente, ma sono i singoli alberi, in quanto testimoni degli accadimenti succedutisi intorno a loro nel corso dei secoli, i protagonisti. Alberi siciliani, sia cittadini che montani, la cui storia, quasi sempre, è intrecciata con quella degli uomini: alberi talvolta prepotenti; spesso alberi che sono sopravvivenze di trascorse ere. Alberi che portano impressa la storia, alberi che destano rispetto e meraviglia.
Questa piccola raccolta non ha alcuna pretesa di completezza nè si concentra su di una unica modalità di lettura o chiave interpretativa.