Visibilità 86-365

No, non si tratta di quella di un politico all’interno di un partito. Né di un professore all’interno di un corso di laurea. Né di tante altre incorreggibili primedonne. Alicudi e Filicudi distano dal mio punto di osservazione circa 100 km in linea d’aria, eppure stamattina erano perfettamente visibili. Ustica… si toccava con mano. Il fatto che queste terre lontane fisicamente e psicologicamente (105 abitanti in tutto mi dice google…) possano improvvisamente diventare visibili grazie alla trasparenza dell’aria sembra proprio un dono. Trasparenza: glasnost la chiamava Gorbačëv… il mio pensiero non riesce a sostare su un solo contesto. Chissà perché….

Il rosso è il complementare del verde 79-365

Rametti annegati in zuppa di pomodoro…non ha molto senso…intanto il rosso che sostituisce il verde sembra richiamarlo fortemente insieme stravolgendone la sensazione e il significato. L’immagine decisamente richiama qualcosa di scomposto e disfatto: estetica della corruzione o vibrazioni che arrivano a fior di pelle? Piccoli deliri quotidiani…

L’eleganza del ragno

Bianco, acquattato tra i petali del glicine, si mimetizza per avere non lo stesso colore del fiore, ma della sua parte più interna. Rifugio. Guardandolo non si può evitare di pensare che la formazione del gusto sia qualcosa che ha a che fare con le armonie naturali. Col grosso ventre immacolato e le zampe lunghissime porta alla bocca qualcosa che non riesco a vedere nemmeno ingrandendo l’immagine, chissà, forse si tratta di un ragno vegetariano? Gli occhi (o almeno ciò che riesco a individuare come tali) sono disposti come sull’orlo di una torretta, conferendogli un’aspetto vagamente marziale ma complessivamente non sembra affatto aggressivo. Sta lì, produrrà del bello sin che potrà.

Terre al sole

“Me patri c’avia i terre u suli e u cumanno supra l’ommini.”

Così si esprimeva, non molti anni, fa la “zia Santina”, piccola, dura, inflessibile madre e donna siciliana . La frase echeggia tantissimi temi e rimanda a tratti caratteristici della cultura siciliana, amore per il comando in testa, tanto che un detto popolare, assai poco edificante, recita: “cumannare è megghio che futtiri”. Ma il richiamo alla terra e al sole sembra trovare una sorta di motivazione al comando, un diritto che proviene dal possesso, che emana dalla disponibilità di un proprio spazio e un proprio territorio.
C’é anche dell’altro, naturalmente, ad esempio il fatto che dalla terra viene il sostentamento, dall’unione magica di terra e sole. Il proprietario quindi comanda ma anche nutre e in un certo senso, magari anche spietatamente, accudisce.
La mente echeggiante di questo genere di sensazioni, mi sono messo a girare per gli antichi granai dell’entroterra siciliano, il regno della collina asciutta di bassa e media quota, dei colori mediterranei per eccellenza, della restuccia e dell’allodola. Grandi estensioni di terreno che pensavo per lo più in abbandono e che invece ho trovato per la maggior parte ancora a coltura. Personalmente ho ancora ricordo della mietitura e della “pisata”, fatte a mano e con gli animali. Sotto un sole impietoso uomini, e donne, vestiti di nero, compivano i noti gesti di un ciclo secolare. Con l’ombrello aperto, ma per farsi ombra, il “soprastante”.
A dispetto di un calo tutto sommato modesto della superficie agraria il calo del numero di addetti, della quantità di uomini e donne che si occupano di agricoltura risulta drammatico. Credo che questo si veda charamente dalla raccolta “Terre al sole”: una sorta di desolazione permea le diverse immagini che pure mostrano una struttura ordinata, mostrano come ancora il caos sia tenuto a distanza, la terra non è stata abbandonata. Ma insieme giunge la domanda: per quanto tempo ancora?
In ripresa ho privilegiato la media e la lunga distanza e ho adoperato lunghe focali per concentrare l’attenzione dell’occhio sugli elementi piú rilevanti. Pur non disdegnando il valore estetico del risultato, non é questo che ha costituito il cuore della ricerca; che invece si concentra sulla permanenza: il grano viene ancora seminato e raccolto, la terra viene ancora arata e concimata. Ma sembra mancare quasi del tutto l’elemento umano, un’assenza che sottolinea la marginalità di questa agricoltura.