Radici…. 120-365

Realizzare che le proprie radici culturali affondino in un periodo nel quale sono state realizzate tante mostruosità come questa mi lascia perplesso e sgomento. Nel periodo in cui la mia generazione coltivava prima i suoi migliori e genuini ideali e poi faticosamente cercava di applicarli nella costruzione di una realtà lavorativa, c’è stato chi, i nostri padri in fin dei conti, ha biecamente profittato delle possibilità speculative che si erano storicamente determinate. E qui il biecamente non è ideologico, non è la speculazione che sto condannando, qui biecamente significa che non è stata usata né l’intelligenza né il gusto per fare, se non belli, almeno un poco meno brutti gli stessi oggetti della speculazione. Ci voleva molto? Non credo, no, non avrebbe comportato chissà quali maggiori spese. Dobbiamo ammettere che si è trattato di un mancato uso della cultura, e in molti casi direttamente di incultura. Insomma di insensibilità e di ignoranza. Di incapacità e di disinteresse nella progettazione. E così mentre ancora speravamo nella possibilità di costruire un mondo migliore non ci siamo accorti che già era cominciata la distruzione- senza sostituzione- dell’esistente. Che già si stavano gettando le basi che ci avrebbero condotto a confondere la realtà con il racconto della medesima (odioso storytelling…), a mistificare sui fatti perfezionando l’arte delle “fake news”, a scambiare l’incompetenza con la capacità di agire.

Il brutto a noi ci piace 118-365

A quanti sia capitato di andare in un paese scandinavo non è sfuggita la estrema pulizia di ogni paesaggio, a tutti i gradi di antropizzazione. “Sembra un modellino fatto con il lego”, questo il pensiero che trapassa la mente sino a quando non ci si accorge del perché di questa sensazione. Ebbene: manca qualsiasi antenna, qualsiasi cartellone pubblicitario, non esistono palificazioni e tutto ciò che ha bisogno di essere trasmesso su di un filo viene passato sottotraccia. Le nostre campagne sono invece pesantemente deturpate dalle palificazioni e dai tralicci.

“Straight” o “Street” Photo? -35/365-

Con bruschissimo scarto rispetto a ieri propongo qui una foto direttamente dal cellulare (per giunta scarso) senza alcuna minima correzione, nemmeno elementare. Mi ha fatto ricordare la “straight photo” americana del primo novecento, movimento espressivo che, tra l’altro, ha costituito la base anche della “street photo” (anch’essa di origine americana). Dunque la domanda di oggi su una immagine che più straight (diretta) di così non potrebbe essere e che allo stesso tempo è una “street” etimologicamente autentica. L’immagine parla di brutto urbano, di strade sgradevoli, di solitudine dell’unico umano inquadrato rinforzata dalla solitudine di chi sta dentro il veicolo dal quale la foto stessa è scattata. Il paesaggio urbano è costituito da anonimi palazzoni, manca un riferimento territoriale, la strada è nettamente automobilistica, siamo in periferia. Mi viene un’altra domanda: una bella “brutta immagine”?