Esercizi di meditazione e correlate illuminazioni

Si è recentemente chiusa presso “Studios” di Giuseppe Borgia la mostra omonima che raccoglie alcune opere scultoree di Francesco Lo Baido e le interpretazioni fotografiche create dallo scrivente. Si è trattato di una esposizione particolare: fotografia e scultura insieme, stessi oggetti, ugualmente impegnativi sul piano della sollecitazione cognitiva, in ogni caso stimolanti e godibili. Riporto i brevi testi scritti da me e da Francesco e disponibili in sala.

Conosco Francesco Lo Baido (Ciccio, per gli amici) da tanti anni, conosco bene la sua mai sopita voglia di ricerca espressiva. Quando, alcuni anni fa, inaugurando la sua attuale fase, ha cominciato a mostrarmi le sculture, mi ha colpito sentire che la naturale modalità di modellazione, per un dentista, era quella che riguarda l’interno, la creazione di sagome e di corpi “interiori” ai frammenti, alle schegge utilizzate. Immediata, o quasi, è stata l’idea di rendere fotograficamente questo concetto, tradurlo in una immagine che ne interpretasse l’esercizio creativo. Tuttavia, dal primo sentire all’attuazione concreta delle foto sono passati diversi anni durante i quali ho maturato la necessità di una fotografia “di confine” che privilegi le suggestioni percettive prima delle necessità narrative o documentarie. Al contempo Ciccio ha ampliato la produzione precisandone la tendenza e realizzando oggetti scultorei a partire da frammenti e schegge di diversi materiali, dalle lave al marmo di Carrara. Le fotografie di questa piccola raccolta, ottenute con l’utilizzo di poverissimi mezzi illuminanti (laser da bancarella) utilizzati in una sorta di light painting con opportuna sovrapposizione in postproduzione di scatti plurimi, sono da intendere non a corredo delle sculture né adatte ad una sorta di catalogo, ma ad accentuazione percettiva di volumi normalmente impossibili da illuminare ed evidenziare.

Carlo Columba

 

Borges narra di un eremita, morto nel deserto in cui era vissuto, cui fu offerta la possibilità di materializzare il proprio paradiso. L’eremita, dopo aver a lungo meditato, materializzò un deserto. Ecco, così mi sono sentito quando, guardando queste pietre, mi sono reso conto di aver continuato a fare quello che avevo sempre fatto: il dentista. E’ stato Carlo Columba a farmi riflettere sulla possibilità di altre letture dei miei lavori, illuminando un dentro prima lasciato tutto all’intuizione e all’immaginazione. Ho sempre considerato questi miei lavori oggetti meditativi, vicini più ai mandala che agli oggetti d’arte, fatti per essere fatti piuttosto che per essere guardati, lavori da finire in una ricerca continua del pezzo che, dopo mesi di lavoro, si stacca all’improvviso e inizia a muoversi all’interno di se stesso. Adesso, grazie a Carlo, posso guardare anche le loro possibili illuminazioni. Le foto non svelano, ma piuttosto ri-velano, un velare di nuovo, un iterativo invito ad altre possibili misteriose esplorazioni. E chissà che un giorno non possa avvicinarmi a quello che considero il modello di questa mia ricerca: l’uovo di pasqua.

Francesco Lo Baido

 

Chi fosse interessato alla rassegna stampa può consultarla qui

 

Un po’ di backstage dell’allestimento

Rispondi